– a cura di Deborah Mezzetti.
Recentemente, è apparso sulla stampa un articolo in merito alla PSA, la tanto temuta Peste Suina Africana.
Bene, in questo articolo si espone – secondo una logica di “ragionevoli sospetti” – che la PSA sia entrata in Italia in modo anomalo e si afferma che ci siano evidenze per cui questa sia arrivata tramite snack illegalmente importati dalla Cina e falsamente etichettati come vegani e che a causa di questo la PSA si sarebbe distribuita in modo non omogeneo sul territorio, raggiungendo anche distanze notevoli tra un focolaio e l’altro.
La notizia è stata riportata da altre testate giornalistiche, alcune hanno affrontato l’informazione in modo più neutro altri hanno sottolineato ed evidenziato la parola “vegano”, quasi a “girare la frittata”, quasi ad affermare che uno stile etico di vita possa aver causato l’uccisione e la morte di migliaia di animali.
Eh no, non funziona così.
Analizziamo bene la notizia.
Sono entrate nel nostro paese circa venti tonnellate di uno snack prodotto in Cina, un prodotto alimentare destinato al consumo umano.
Questi alimenti non sono stati verificati e controllati, nonostante provengano da un Paese non UE.
Questi alimenti, oltre che essere entrati illegalmente in Italia, sono stati falsamente etichettati (ma non si chiamava “truffa alimentare” questa cosa qui?).
Ma il problema sottolineato è che erano “vegani”. Non la maxitruffa. Non l’importazione illegale. Non i mancati controlli. Non il fatto che sulle etichette originarie cinesi era effettivamente riportata la presenza di carne di maiale, e che queste siano state coperte con false etichette.
A seguito di questo, le riviste e la stampa dei cacciatori ci si è fatta d’oro. E tutto sommato non solo loro.
Ma leggiamo i principali titoli:
- Bighunter.it “PSA Arrivata In Italia Tramite Snack Vegani Illegali”
- Affaritaliani.it “Snack vegani con carne positiva alla peste suina: maxi sequestro”
- La Repubblica “L’incubo veg è realtà: nei salamini alla soia c’è la carne, ed è positiva alla peste suina”
- Il Salvagente “Snack veg cinesi con carne, per di più infetta”
E potremmo andare avanti.
Negli articoli delle varie testate, emerge poi la cruda verità, e cioè che le vere etichette cinesi degli snack riportavano la presenza di carne di maiale e pollo. Quindi, oggettivamente, non vegani.
Menzione a parte per la rivista dei cacciatori, dove alcuni illuminati che hanno commentato l’articolo si lamentano -invero- del fatto che “Intanto a noi contestano le cartucce con pallini di piombo. Vegani, animalisti, mo andate a ca…e” e ancora “Non dovevano sequestrarli almeno li mangiavano e si intossicavano di psa E noi mangiamo polenta e usei che è più salutare” … e questo già qualifica gli pseudoscrittori, tra errori grammaticali e cattiveria.
Alla fine, tra i titoloni ad essere evidenziato è che sono gli snack vegani abbandonati ad aver disseminato la PSA. Non fa una piega.
E invece una piega la fa.
Giusto per rispondere all’illuminato sui pallini al piombo, ad esempio, non sono gli animalisti che lo contestano, ma è un Regolamento Europeo (UE 2021/57) che sancisce il divieto dell’utilizzo delle munizioni contenenti piombo nelle aree umide. L’utilizzo del piombo in Europa nell’attività venatoria provoca il rilascio nell’ambiente di circa 14.000 tonnellate di piombo all’anno che cagiona la morte in Europa di oltre mezzo milione di anatre a seguito dell’avvelenamento denominata saturnismo (per chi vuole approfondire può partire da questo documento ISPRA di oltre 10 anni fa https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/rapporti/ISPRA158web.pdf). Regolamentazione che negli USA, ad esempio, è in vigore dal 1991 e in altre zone d’Europa dal 1994.
All’altro nemmeno ci sarebbe da rispondere, se non fosse così abituato ad uccidere, forse non gli passerebbe per la testa di far morire altre persone perché hanno mangiato alimenti contaminati.
Comunque, per amor della cronaca, la questione degli snack non vegani, contaminati da PSA, è giunta in commissione parlamentare, si intensificheranno i controlli e le verifiche, e verranno ritirati dal mercato e distrutti gli snack in questione. Speriamo almeno che l’importatore venga punito per la maxi truffa messa in piedi, non solo truffa ai vegani mi verrebbe da dire, ma all’intero Sato Italiano, perché oggi sono gli snack vegani, domani può essere la pasta o il pomodoro con il quale prepari il pranzo a tuo figlio ad essere contaminato.
Per quanto riguarda la PSA, abbiamo già scritto a suo tempo, ma ci teniamo a ribadire che a nostro avviso, non sono state – al tempo – prese le opportune misure. Si è lasciato che si continuasse a cacciare nelle zone limitrofe alle aree infette, si è continuato ad allevare maiali in allevamenti da migliaia di individui, si è provveduto a spostarli, a continuare a macellare, a farne salumi e bistecche.
L’attività venatoria, scrive ISPRA, è attività che comporta un duplice rischio: la movimentazione di cinghiali potenzialmente infetti sul territorio, e la diffusione involontaria del virus attraverso calzature, indumenti, attrezzature e veicoli.
E ancora “la comparsa del virus è totalmente indipendente dalle densità di cinghiale. Le popolazioni di cinghiale infette più vicine all’Italia vivono a diverse centinaia di km di distanza. La comparsa dell’infezione nel cinghiale in Piemonte e Liguria è sicuramente dovuta all’inconsapevole introduzione del virus da parte dell’uomo”; e più dettagliatamente “La densità del cinghiale non ha effetti significativi sulla persistenza in natura della Peste suina africana. La notevole resistenza del virus nell’ambiente fa sì che la malattia continui a circolare per anni, anche in popolazioni di cinghiale a densità bassissime (es. circa 0,5/km2)”; e ancora “è anzi fortemente consigliato evitare qualsiasi attività che possa causare la dispersione degli animali sul territorio e con essa la possibile diffusione del virus”….
Di queste indicazioni cosa ne è stato fatto? NULLA.
Si continua a cacciare, sempre e comunque. Si considera la caccia la panacea di tutti i mali, ma abbiamo constatato che questa è un’altra menzogna alla quale si decide di credere perché comoda.
Resta, invece, l’amarezza di constatare che quando si parla di veganismo siamo ancora a ridicolizzare l’argomento, auspicando la morte e la derisione per chi, al contrario, omaggia la vita. Di tutti.
Resta da dire, ma pare ovvio, che le notizie vanno verificate e approfondite, non prese per buone. Anche se, da certa stampa e da parte di chi la segue, non si può pretendere un’obiettività di giudizio e di intelletto.
Non ci fermeremo mai dal difendere la vita.
Dove c’è un cuore che batte, c’è sempre un animale che vuole vivere.
Deborah Mezzetti per MADE in BUNNY O.d.v.